IL VANGELO DELLA DOMENCA

VANGELO Lc 9, 10b-17

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

22 gennaio 2023

III DOMENICA DOPO L’EPIFANIA (A)

VANGELO Lc 9, 10b-17
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Il Signore Gesù prese i suoi discepoli con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

1. Gesù chiede collaborazione

Continua anche in questa domenica l’epifania di Gesù, il suo manifestarsi: oggi come nutrimento per la fame della moltitudine. Colpisce nel racconto di Luca il comportamento di Gesù. Avrebbe potuto fare tutto da solo e assicurare alla folla stanca e affamata il pane.

E invece vuole associare i discepoli alla sua azione provvidente e misericordiosa. Non fa cadere dall’alto i suoi doni, ma ci chiama a fare la nostra parte. Questo agire di Gesù valorizza la nostra collaborazione; si serve delle nostre pur esigue risorse per manifestare la sua premura per i bisogni della gente. Dio vuole avere bisogno degli uomini: di fronte a Lui non siamo né burattini, né robot, né automi: siamo esseri liberi, coscienti e capaci.

I cinque pani e i due pesci che i discepoli mettono a disposizione – la piccola provvista di qualcuno previdente – sono il segno della nostra partecipazione all’agire di Gesù per la moltitudine.

2. La sproporzione: siamo inadeguati

Questo episodio,nella redazione del Vangelo di Giovanni ha una piccola aggiunta assai significativa. L’apostolo Andrea, mettendo a disposizione di Gesù i pochi pani e i pesci aggiunge: “Ma che cos’è questo per tanta gente?”. Ha ragione Andrea: come sfamare cinquemila uomini con pochi pani e pochi pesci?

Con parole diverse quante volte anche noi confessiamo la nostra inadeguatezza, il nostro non essere all’altezza dei compiti che ci attendono. Sono i genitori che, pur con tutta la buona volontà, non ce la fanno ad educare bene i loro figli. Oppure confessiamo, sfiduciati e delusi: quant’è difficile essere onesti, coerenti, resistere all’alta marea della corruzione.

E se da questa dimensione personale ci apriamo a quella collettiva e mondiale, dominante è il senso di impotenza, di inadeguatezza. Come sfamare le moltitudini che hanno fame e che giustamente cercano, con ogni mezzo, di arrivare a raccogliere almeno le briciole

che cadono dalle nostre tavole sempre troppo opulente pur in questi anni di crisi? Come arginare i conflitti che insanguinano la terra e non dover piangere altri morti dopo l’ultimo attentato? Davvero grande è la sproporzione tra le nostre risorse e i problemi che ci stanno dinanzi.

3. Col poco di tutti si fa tanto

Eppure il Vangelo di oggi ci invita a metterci nei panni dei discepoli ai quali Gesù con una parola che sembra una provocazione dice: “Date voi stessi da mangiare!”.

Ci ordina di cavare dalle nostre bisacce quel poco che abbiamo, ci ordina di mettere a disposizione dei bisogni dell’umanità quel poco che siamo. E’ poco eppure non è nulla; è disperatamente inadeguato eppure non è inutile. E se mettiamo questa nostra povertà, con fiducia, nelle mani di Dio, se facciamo quanto a noi possibile consapevoli che è poco ma è quanto abbiamo nelle mani, se agiamo così dando fondo alle nostre capacità, spendendoci fino all’ultima briciola, il Signore misteriosamente moltiplicherà la nostra povertà e ne farà pane abbondante per la moltitudine. Anzi, ci vorranno dodici ceste per raccogliere gli avanzi. Perché nulla vada sprecato.

Questo è il Vangelo: la certezza che Dio può moltiplicare per il bene della moltitudine quel poco che abbiamo e che siamo. Nessuno, allora, dica mai: sono inutile, sono fallito. Se crediamo al Vangelo la nostra vita sarà sempre il lieto miracolo di poco pane che sfama la moltitudine.

Tra poco metteremo sull’altare il pane, quel pane che manca a gran parte dell’umanità. Ricevendo sul palmo della mano questo pane che è il corpo di Cristo, facciamo nostra la sua sollecitudine per la fame della moltitudine.

don Erminio

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