Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa
29 dicembre 2024
NELL’OTTAVA DI NATALE (C)
VANGELO Gv 1, 1-14
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
- Dio ‘rimpicciolito’ (disceso dal cielo)
Insieme ci chiediamo come risuonano in noi le parole del prologo, le parole dello stupore?
Le tradiremmo se le leggessimo quasi fossero un testo di prosa cancellando fascino e brivido della poesia che le abitano.
Purtroppo a noi succede talvolta di spegnerle in aride dissertazioni di teologia, mentre vibra, in ogni angolo, di accensioni, di sconfinamenti.
A che cosa abbiamo assistito nel Natale? Al movimento di Dio, si è mosso anche Dio! Assistiamo a un muoversi di Dio che è discendere, l’umiliarsi, il rimpicciolirsi. Un superamento della distanza, di una abissale distanza.
- Dio ‘in-fante’ (non parla)
Ed è il congiungimento, che mai avremmo detto possibile. Del tutto inimmaginabile. Ancora ci risuonano nella mente e nel cuore le parole dell’”in principio” del vangelo di Giovanni. “Il Verbo” – è scritto – “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
È un miracolo… al contrario. Al contrario dei miracoli che sogniamo noi. Noi sogniamo di elevarci, allargarci, prendere spazio. Questa nascita è il miracolo della restrizione.
Gli antichi Padri parlavano di un verbum abbreviatum, una parola che s’accorcia per non offendere la debolezza dei nostri occhi; parlavano di un Verbum infans, una parola che non parla. Natale di silenzio, un Dio che si accorcia, un Dio che tace, un Dio che si fa debole.
“Il Verbo fatto carne” scrive un teologo francese “ancora infante, cioè non parlante, rivela già Dio, ma un Dio presente in modo così discreto a tutte le realtà del mondo che si abbandona nel sonno sulle ginocchia di sua madre. Dio che dorme!
Il Dio che viene a salvare questo mondo comincia col il passare ore e ore a dormire, come tutti i lattanti… Vivere secondo la logica dell’evangelo significa gustare una sorta di leggerezza dell’essere, avanzare lentamente, fosse anche attraverso periodi di turbamento, verso una maggiore pace” (Xavier Thévenot)
- Dio ‘attendato’ (fragile come noi)
Noi che avevamo declamato l’opposizione tra carne e spirito, veniamo a celebrare un mistero che annuncia che la carne, la nostra natura fragile di umani, è accolta, Dio non la disdegna, Dio non la allontana, non la proscrive.
Siamo abitati dalla salvezza: la terra, la nostra terra, è abitata dalla salvezza. E’ suggestivamente evocato dall’immagine della tenda.
“Venne ad abitare in mezzo a noi”, ma il verbo greco allude alla tenda: “si attendò”; dice, “mise la tenda in mezzo a noi”. La tenda sinonimo di fragilità, di precarietà, di mobilità (basti pensare alle tende dei pastori, dei terremotati, dei profughi).
E Dio dentro, dentro i terremoti della vita, dentro l’insicurezza e la provvisorietà! Compagno della nostra fragilità, della nostra insicurezza, della nostra provvisorietà, lui, il Signore.
Ha messo la sua tenda in una mangiatoia: il bambino in fasce riposa là dove i pastori mettevano i loro bambini appena sgusciati dal grembo delle loro donne.
C’è una gratitudine da esprimere a Dio, il Verbo, fatto carne per passione di amore. E c’è anche una sapienza… da accogliere. Il problema è se vogliamo mettere la nostra firma o no dove Dio ha messo la sua, su quella modalità della nascita.
Purtroppo si può fare un rito nelle chiese e farne uno di segno opposto nella vita.
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don Erminio