
Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa
2 marzo 2025
ULTIMA DOPO L’EPIFANIA (C)
VANGELO Lc 19, 1-10
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
- La pazienza di Dio e la nostra
Apre la liturgia della Parola un testo sapienziale: il Libro del Siracide con tre caratteristiche di cui Dio abbonda: la pazienza, la misericordia e il perdono.
La prima, Dio è paziente (makrothýmos), il quale, come dice il profeta Ezechiele, “non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva” (Ez 33,11).
La Croce di Gesù è il vertice della pazienza di Dio. Il teologo protestante Eberhard Juengel scriveva che la pazienza di Dio è “il lungo respiro della sua passione”, come ricorda Siracide, non solo per chi gli è più vicino (come facciamo noi), ma per ‘ogni essere vivente’.
Per noi la pazienza deve diventare fede che perdura nel tempo, cioè perseveranza sostenuta dalla capacità di guardare e sentire in grande, come suggerisce l’etimo greco.
La pazienza ci porta a riconoscere la nostra incompiutezza, dunque diventa pazienza verso noi stessi; essa riconosce la fragilità delle relazioni con gli altri, dunque diviene capacità di non disperare, di non lasciarsi abbattere nelle tribolazioni e nelle difficoltà, diviene perseveranza, capacità di rimanere e durare nel tempo senza snaturare la propria verità.
La pazienza è dono da invocare dallo Spirito Santo (Lettera i Galati 5,22). Da ultimo, la pazienza diviene anche capacità di sup-portare gli altri, sostenerli con la loro storia.
- La misericordia
Circa la misericordia molto abbiamo già argomentato: essa è istinto buono verso le altrui miserie, ma anche creatività generatrice d’istituzioni che tengano profeticamente viva l’attenzione agli ultimi della terra.
Anch’essa è primariamente dote divina, che in ogni messa invochiamo chiedendo che le viscere materne di Dio si contraggano di compassione per noi (Kyrie eleison).
- Il perdono
La terza caratteristica è il perdono, lungo e faticoso cammino, non scevro da forte sofferenza personale per accoglierlo (fatichiamo spesso a perdonarci) e per donarlo.
Circa il perdono a se stessi per atti compiuti, è bene sapere che agli occhi di Dio nulla è imperdonabile dopo un sincero pentimento. Più difficile pacificare la nostra psiche, i suoi ricordi che, malignamente, lacerano la quiete dei nostri pensieri.
Un primo passo ce lo suggerisce il brano di Luca sulla conversione di Zaccheo, quando Gesù lo chiama e va da lui, con un gesto che potremmo definire socialmente “sconsiderato”.
Zaccheo è costretto a salire su un albero non semplicemente perché basso di statura, ma anche perché nessuno lo avrebbe fatto salire al piano superiore della propria casa. Era un reietto. Proprio a lui Gesù si rivolge.
Chiarito questo, se noi vogliamo avviare il cammino arduo di recuperare la nostra immagine ai nostri stessi occhi, è necessario partire da gesti forti, segnali di riparazione del male fatto.
Zaccheo dice a Gesù: “Ecco, Signore io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”.
Zaccheo, come ricorda Gesù, si era perduto, ora, grazie a Lui, si è ritrovato, ha imparato ad accettarsi con tutte le sue ferite, a fare i conti con il suo passato, avendo però davanti un futuro luminoso: la salvezza. Questo dono è possibile anche per ognuno di noi.
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don Erminio