Riflessione a cura di Fulvio Pedretti
La fede popolare da sempre si rivolge a protettori speciali per prevenire e combattere le malattie. Una tradizione che si rinnova nei giorni del contagio da coronavirus.
La preghiera è un’arma potentissima contro la diffusione del male. A patto naturalmente che ci si creda davvero…
Non stupisce allora che nei giorni dell’emergenza da coronavirus si moltiplichino le invocazioni di aiuto dal Cielo. Ci si rivolge soprattutto alla Vergine Maria ma anche ai santi che, per vicende legate alla loro vita, si sono dimostrati particolarmente attenti ad un problema o ad una particolare emergenza.
A cominciare da santa Rita, la santa dei casi impossibili e disperati, che durante la sua esistenza curò i malati di peste nel lazzaretto di Roccaporena.
Rita, santa dei casi impossibili.
A lei ha dedicato una speciale preghiera l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, Mons. Renato Boccardo. Sempre a lei si è rivolta la madre priora del Monastero Santa Rita di Cascia, suor Maria Rosa Bernardinis, pregando davanti all’urna che custodisce il corpo della santa.
Ecco il testo della sua invocazione:
“In questi tempi difficili che ci vedono fragili e smarriti a causa del virus, mi rivolgo a te amata Santa Rita e chiedo la tua intercessione presso il Signore. Dona a tutti noi la forza dello Spirito, che tu hai saputo accogliere, per affrontare questa prova. Aiuta a non sentirsi soli coloro che sono in isolamento, anzi unisci noi tutti nella potenza della preghiera e nel tuo amorevole abbraccio. Rita, tu che sei sempre stata vicino ai sofferenti, sostieni chi è malato e accompagnalo con premura verso la guarigione. Tu che hai superato molti dolori, accogli in Cielo tutti coloro che hanno perduto la vita a causa del coronavirus e porta conforto alle loro famiglie, donandogli la pace del cuore. Fa’ che alle istituzioni e al personale sanitario non manchino energie e porgi loro la tua mano perché possano lavorare al meglio per la vita. Fa’ che arrivi il tuo supporto anche a chi si trova in difficoltà per le conseguenze socio-economiche. Aiutaci, Santa Rita, portando al Padre il nostro bisogno di speranza e guidaci a un domani migliore. Amen”.
San Rocco, conforto degli appestati.
Protettore dalla peste e più in generale dalle epidemie è anche san Rocco, straordinaria figura di pellegrino vissuta nel XIV secolo che attraversò l’Italia curando e confortando gli appestati. Nei santuari e nelle chiese a lui dedicati (solo in Italia se ne contano circa 3mila), in questi giorni si organizzano novene e celebrazioni.
Tra le preghiere che invocano la sua intercessione, ce n’è una brevissima e molto facile da ricordare:
“Rocco, pellegrino laico in Europa,
contagiato, incarcerato,
tu che hai guarito i corpi
e hai portato gli uomini a Dio,
intercedi per noi
e salvaci dalle miserie
del corpo e dell’anima”.
San Sebastiano, le ferite delle frecce come bubboni.
Storicamente l’epidemia più diffusa e tragicamente nota all’umanità è quella della peste. Un contagio contro cui tradizionalmente ci si rivolge ad alcuni santi “speciali”.
Oltre ai già citati santa Rita e san Rocco, la devozione popolare spesso si affida anche a san Michele Arcangelo, sant’Antonio abate, san Cristoforo e san Sebastiano. Quest’ultimo perché le ferite causate dalle frecce, di cui è trafitto nell’iconografia classica, sono paragonate ai bubboni della peste.
Ecco una delle preghiere dedicate a san Sebastiano:
“Per quei prodigi strepitosi avvenuti nella tua vita, ti preghiamo, o glorioso martire San Sebastiano, di poter essere sempre animati da quella fede e da quella carità che opera i più grandi prodigi e poter essere così favoriti dalla divina assistenza in tutti i nostri bisogni”.
San Giovanni Bosco, l’invito ai giovani “ad alzarsi in piedi”.
Nel 1854, a Valdocco, l’oratorio di don Giovanni Bosco accoglieva ragazzi di ogni età, che lì trascorrevano parte delle loro giornate studiando, giocando insieme e imparando il valore della preghiera.
Nei difficili anni dell’Italia pre-unitaria, il prete astigiano sviluppò la sua importante pastorale fra i giovani di Torino, costretti ad abbandonare la scuola e a lavorare (spesso in situazioni di sfruttamento) fin da bambini, per dare sostegno alle loro famiglie.
Don Bosco li istruisce anche in tal senso, affiancando all’istruzione delle piccole esperienze di lavoro, facendosi garante presso i datori ma pretendendo in cambio il rispetto delle più elementari norme contrattuali.
Fu per il suo carisma e la sua già evidente fama di santità che, quando nel Borgo Dora di Torino arrivò il colera, nessuno dei suoi ragazzi ebbe esitazione a seguirlo per le vie della città, nei lazzaretti e negli ospedali, a prestare soccorso, conforto ed il supporto della preghiera a chi affrontava la malattia.
Nessuno di quei giovani torinesi, umili ma illuminati dalla guida di un santo, avrebbe contratto il colera. Così come il santo aveva promesso loro, qualora si fossero messi al servizio della città “nella grazia di Dio”.
Comunque sia, al di là del santo cui ci si rivolge, queste invocazioni sottolineano un dato comune: la fiducia nella forza della preghiera.
Che ciascuno testimonia secondo la propria sensibilità. C’è chi predilige lunghi momenti di riflessione e chi si limita a una semplice, e per questo ancora più significativa, “Ave Maria”.
A cura di Fulvio Pedretti