Riflessione a Cura di Fulvio Pedretti
10 maggio: Festa della Mamma
La madre è un angelo che ci guarda,
che ci insegna ad amare!
Ella riscalda le nostre dita, il nostro capo
fra le sue ginocchia, la nostra anima
nel suo cuore: ci dà il suo latte quando
siamo piccini, il suo pane quando
siamo grandi e la sua vita sempre.
(Victor Hugo)
La Festa della Mamma è una ricorrenza diffusa non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Un giorno speciale dedicato a tutte le mamme che si celebra ogni anno la seconda domenica di maggio. Questa festa civile coinvolge grandi e piccini, un’occasione per celebrare la maternità come dono e che, proprio a partire da questa giornata particolare, diventa oggetto di gratitudine e ringraziamento da parte di tutti.
Ogni persona umana deve la vita a una madre, e quasi sempre deve a lei molto della propria esistenza successiva, della formazione umana e spirituale. La madre, però, pur essendo molto esaltata dal punto di vista simbolico, – tante poesie, tante belle citazioni si dicono poeticamente della madre – viene ancora poco ascoltata e poco aiutata nella vita quotidiana, poco considerata nel suo ruolo centrale nella società. Anzi, spesso si approfitta della disponibilità delle madri a sacrificarsi per i figli per “risparmiare” sulle spese sociali.
La storia della Festa della Mamma affonda le sue origini già ai tempi dei popoli antichi, che festeggiavano le divinità femminili come simbolo della fertilità della terra; gli Elleni ad esempio festeggiavano Rea, la madre di tutti gli dei. I romani, invece, dedicavano una settimana intera a Cibele, simbolo della Natura e di tutte le madri.
Arrivando all’epoca moderna, si parla di celebrazioni per la mamma già nell‘Inghilterra del XVII secolo. La festività era denominata “Mothering Sunday” e cadeva nella quarta domenica di quaresima rappresentando un momento di ritrovo per tutta la famiglia e per celebrare la mamma. In quella giornata i bambini che vivevano distanti da casa, per
imparare il mestiere o perché già a servizio, potevano tornare nel focolare domestico d’origine, portando alle madri fiori o altri generi di regali.
La tradizione è ancora viva in Inghilterra, dove ora prende il nome di “Mother’s Day”.
Negli USA la Festa della Mamma si è diffusa attraverso i movimenti sociali delle suffragette che predicavano la pace. Nel maggio 1870 Julia Ward Howe, un’attivista pacifista e contraria alla schiavitù, aveva proposto il Mother’s Day come un momento di riflessione a favore della pace. L’idea delle Howe non ebbe successo, fino a quando Anna Jarvis, attivista sociale e fondatrice del Mother’s Day Work Club, scelse il 10 maggio del 1908 per celebrare la memoria della madre, a tre anni dalla scomparsa.
La celebrazione proposta dalla Jarvis si diffuse e divenne molto popolare, tanto da ottenere nel 1914 il riconoscimento del presidente Wilson, che la ufficializzò per la seconda domenica di maggio, come espressione pubblica di amore e gratitudine per tutte le madri.
L’evoluzione commerciale della festa, che arrivò ad essere la seconda per importanza dopo il Natale, non trovò l’accordo della Jarvis che passò gli ultimi anni della propria vita a chiederne l’abolizione.
Nel 1917 si iniziò a festeggiare anche in Svizzera, nel 1918 in Finlandia, nel 1919 in Norvegia e in Svezia, nel 1923 in Germania e nel 1924 in Austria.
Nel nostro paese la Festa della Mamma con l’attuale significato è arrivata intorno agli anni ’50, sulla scia del successo statunitense, ma anche con un forte richiamo al significato cristiano della figura della madre (maggio è, come sappiamo, il mese dedicato alla Madonna).
In Italia la figura materna si celebrava anche prima, ma con sfumature molto diverse. La Festa della Mamma nel nostro paese ebbe gli albori nel periodo fascista, quando il 24 dicembre del 1933 venne indetta la Giornata nazionale della Madre e del Fanciullo e vennero premiate le madri più prolifiche d’Italia. Si trattò, però, di una giornata “una tantum” e i cui obiettivi erano molto diversi dalla celebrazione attuale.
La Festa della Mamma, come la intendiamo oggi, si richiama a due episodi. Il primo è del 1956 a Bordighera dove il sindaco e senatore Zaccari, in collaborazione con l’Ente Fiera del Fiore e della Pianta Ornamentale di Bordighera-Vallecrosia, volle dar vita alla Festa della Mamma. Una festa dalla chiara impronta commerciale.
L’anno successivo don Otello Migliosi, sacerdote di Tordibetto, vicino ad Assisi, propose dei festeggiamenti per la mamma ponendo l’accento sul valore religioso di una figura che non è prerogativa del solo mondo cattolico, bensì trasversale alle altre fedi. Un tentativo anche interconfessionale per instaurare un terreno di incontro tra diverse culture.
Se la seconda domenica di maggio è una data condivisa da gran parte dei paesi del mondo, in molti paesi arabi la Festa della Mamma coincide invece con il 21 marzo, equinozio di primavera.
Accade ancora oggi che, anche nella comunità cristiana, la madre non sia sempre tenuta nel giusto conto, che sia poco ascoltata. Eppure al centro della vita della Chiesa c’è la Madre di Gesù. Forse le madri, pronte a tanti sacrifici per i propri figli, e non di rado anche per quelli altrui, dovrebbero trovare più ascolto. Bisognerebbe comprendere di più la loro lotta quotidiana per essere efficienti sul lavoro e attente e premurose in famiglia. Una madre con i figli ha sempre problemi da risolvere, sempre lavoro da assolvere.
Le madri sono l’antidoto più forte al dilagare dell’individualismo egoistico. “Individuo” vuol dire “che non si può dividere”. Le madri invece si “dividono”, a partire da quando ospitano un figlio per darlo al mondo e farlo crescere. Sono loro le prime a testimoniare la bellezza della vita.
Come, infatti, non ricordare in questo giorno di festa l’esempio e la testimonianza di una mamma diventata “santa”, quella Gianna Beretta Molla di cui abbiamo appena festeggiato la ricorrenza lo scorso 28 aprile. Era il 1962 quando, appunto il 28 aprile, Gianna Beretta Molla morì dopo aver scelto di non farsi curare per un cancro per timore di arrecare danno al quarto figlio che aspettava. Papa Giovanni Paolo II la canonizzò nel 2004, ma, se si potesse riavvolgere il film della sua vita, quanto ci piacerebbe spiare la mamma, non ancora santa, mentre cammina nella notte per addormentare un neonato piangente, mentre si china su un pavimento cosparso di giocattoli, oppure mentre è intenta a badare alla casa ed alla famiglia.
Quanto ci piacerebbe osservare Gianna Beretta Molla, la prima madre dei nostri tempi a essere proclamata santa, filtrando il suo eroismo e il suo gesto di estremo sacrificio, dare la propria vita per quella della figlia che doveva ancora nascere, attraverso la tanto citata “normalità” che hanno descritto così bene i suoi biografi e, ancor prima di loro, le persone che le sono vissute accanto, a cominciare dal marito. «Non mi sono mai reso conto di vivere vicino a una santa», ha raccontato più volte Pietro Molla, che poco dopo la scomparsa della moglie ha dovuto attraversare anche il dolore della morte di una figlia. «Mia moglie aveva una fiducia veramente infinita nella Provvidenza. Era una donna piena di gioia di vivere. Felice. Amava la sua famiglia e la sua professione di medico. La sua casa. La musica. Il teatro. La montagna. I fiori».
Basta leggere le lettere al marito, “una testimonianza preziosa di spiritualità coniugale e familiare, un autentico cammino di santità”, come le definì il Card. Carlo Maria Martini, per incontrare nel contempo una donna “vera”, innamorata e appassionata della propria famiglia.
Continua così il racconto del marito: « Amava tutte le cose belle che Dio ci ha donato. Mi è sempre sembrata una donna del tutto normale, ma la santità non è fatta solo da segni straordinari. È fatta soprattutto dell’adesione, quotidiana, ai disegni imperscrutabili di Dio».
L’esempio di Santa Gianna è la conferma che una società senza madri sarebbe una società disumana, perché le madri sanno testimoniare sempre, anche nei momenti più difficili, la tenerezza, la dedizione, la forza morale. Le madri trasmettono spesso anche il senso più profondo della pratica religiosa: nelle prime preghiere, nei primi gesti di devozione che un bambino impara è insito il valore della fede nella vita di un essere umano. E’ un messaggio che le madri credenti sanno trasmettere senza tante spiegazioni: queste arriveranno dopo, ma il germe della fede sta in quei primi, preziosissimi momenti. Senza le madri, non solo non ci sarebbero nuovi giovani fedeli, ma la fede perderebbe buona parte del suo calore semplice e profondo.
E la Chiesa è madre, con tutto questo, è nostra madre! Noi non siamo orfani, abbiamo una madre! La Madonna, la madre Chiesa, è la nostra mamma. Non siamo orfani, siamo figli della Chiesa, siamo figli della Madonna, e siamo figli delle nostre madri.
Carissime mamme, grazie, per ciò che siete nelle nostre famiglie e per ciò che date alla Chiesa e al mondo.
E a te, amata Chiesa, grazie per esserci madre.
E a te, Maria, madre di Dio, grazie per farci vedere Gesù.
Fulvio Pedretti