IL VANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

VI DOPO L’EPIFANIA (C)

 13 febbraio 2022

VANGELO Lc 17, 11-19
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Lungo il cammino verso Gerusalemme, il Signore Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti».

E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

  1. Gesù ha ‘fretta’ di guarire l’uomo!

Gesù è in cammino… i passi lenti favoriscono gli incontri, l’attenzione trasforma l’incontro in evento. Ed ecco che dieci lebbrosi, una comunità senza speranza, un nodo di dolore, all’improvviso si pongono di traverso sulla strada dei dodici. Il gruppo si trova all’ingresso di un villaggio: nove giudei e un samaritano insieme.

La sofferenza li ha uniti, la guarigione li separerà. Insieme pregano Gesù e Gesù appena li vede… subito, senza aspettare un secondo di più, prima ancora di sentire il loro lamento…

Gesù ha l’ansia di guarire, il suo è amore preveniente, amore che anticipa, pastore che sfida il deserto per una pecora che non c’è più, padre che corre incontro mentre il figlio cammina…

Davanti al dolore dell’uomo, appaiono i tre verbi dell’agire di Cristo: vedere, fermarsi, toccare, anche se solo con la carezza della parola.
Davanti al dolore scatta come un’urgenza, una fretta di bene: non devono soffrire di più…

Ian Twardowski ha scritto: “Affrettiamoci ad amare, le persone se ne vanno così presto! “. L’amore vero ha sempre fretta. È sempre in ritardo sulla fame di abbracci o di salute.

  1. Guarigione e salvezza

Andate e presentatevi ai sacerdoti… E mentre andavano, furono purificati. Sono purificati non quando arrivano dai sacerdoti, ma mentre camminano sui passi della fede.

La guarigione comincia con il primo passo compiuto credendo alla parola di Gesù. La vita guarisce non perché raggiunge la meta, ma quando avvia processi e inizia percorsi.

Nove lebbrosi guariscono e non si sa più nulla di loro, scompaiono dentro il vortice della loro inattesa felicità, sequestrati dagli abbracci ritrovati, ridiventati persone libere e normali.

Invece un samaritano, uno straniero, l’ultimo della fila, si vede guarito, si ferma, si gira, torna indietro, perché ascolta il suo cuore, perché intuisce che la salute non viene dai sacerdoti, ma da Gesù; non dalla osservanza di regole e riti, ma dal contatto vivo con la persona di quel rabbi. Per Gesù conta il cuore e il cuore non ha frontiere politiche o religiose.

Non fa alcun gesto eclatante: torna, canta, lo stringe, dice solo un grazie, ma contagia di gioia. Ancora una volta il Vangelo propone un samaritano, uno straniero, un eretico come modello di fede: la tua fede ti ha salvato. E’ il centro del brano: la fede è libera risposta all’amore di Dio.

La fede che salva non è una professione verbale, non si compone di formule, ma di gesti pieni di cuore: il ritorno, il grido di gioia, l’abbraccio che stringe i piedi di Gesù.

Il centro della narrazione è la fede che salva. Tutti e dieci sono guariti. Tutti e dieci hanno creduto alla parola, si sono fidati e si sono messi in cammino. Ma uno solo è salvato. Altro è essere guariti, altro essere salvati.

Nella guarigione si chiudono le piaghe, rinasce una pelle di primavera. Nella salvezza ritrovi la sorgente, tu entri in Dio e Dio entra in te, e fiorisce tutta intera la tua vita.

  1. I passi del cammino della fede

Sono tre: ho bisogno / mi fido / ringrazio e mi affido.

La fede nasce dal bisogno, dal grido universale della carne che soffre, dalla nostra fame di vita, di senso, di amore, di salute, quando non ce la fai e tendi le mani.

Poi «mi fido». Il grido del bisogno è ricco di fiducia: qualcuno ascolterà, qualcuno verrà, già viene in aiuto. I dieci si fidano di Gesù e sono guariti. Ma a questa fede manca qualcosa, una dimensione fondamentale: la gioia di un abbraccio, una relazione, una reciprocità, una risposta.

Il terzo passo: ti ringrazio è compiuto dallo straniero. Il filosofo Hegel dice: denken ist danken, pensare è ringraziare, perché siamo debitori, di tutto. E il poeta Turoldo: io vorrei dare una cosa al mio Signore, ma non so che cosa… La vita che mi hai ridato, te la rendo nel canto.

La fede è la libera risposta dell’uomo al corteggiamento di Dio.

don Erminio

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