Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa
17 luglio 2022
VI DOPO PENTECOSTE (C)
VANGELO Gv 19, 30-35
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via.
Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.
Dialogo col soldato sotto la croce
Non ti accorgi, soldato, che uccidi un uomo morto? Guarda l’ironia drammatica della tua lancia puntata verso quel costato.
O forse non ti basta quel che hai visto e udito? «Ho sete!… E’ compiuto!… Consegnò lo Spirito».
Non c’è più niente in quel corpo, non accanirti, è stato dato tutto.
Erano rimasti, alla fine, il vuoto bruciante della sete e l’impalpabile pienezza dello Spirito.
Ora neppure quelli. Ora è compiuto: tutto è stato consegnato.
Cosa pensi di poterGli strappare che non abbia già dato? Non hai compreso le parole del Crocifisso?
E’ la fine, il fine è raggiunto. E’ un uomo finito quello che vedi appeso ai chiodi. Finito perché definitivamente povero.
Cosa pensi di poter togliere con quella lancia? Il tuo colpo non lo finirà.
Lui è già finito avendo condotto a compimento il senso della sua esistenza nel dare ogni cosa.
Non gli è rimasto nulla perché ha voluto che niente di sè restasse senza essere sparso.
Quello era il suo fine, quella è stata la sua fine. Perciò non c’è più tempo per Lui: non c’è altro da aggiungere per Uno che si è tolto tutto. Nè altre opere, né altre parole.
Non credi, soldato, che una vita che ha dato tutta se stessa è una vita compiuta?
Allora affondala! Affondala di più quella lancia nel petto del Crocifisso.
Fruga nel cuore di quell’uomo come in quello di Dio, usala come uno scandaglio, misura la profondità di quell’amore e poi dì a tutti:
E’ forse rimasto qualcosa? Gocce di sangue, un rivolo d’acqua. Niente di più.
Bravo soldato, hai spremuto fino in fondo. Hai toccato con mano un Dio che non teme di lasciarsi ferire, offendere, derubare e mutilare.
Hai provato la sua disponibilità a lasciarsi spaccare il cuore da te e da ogni altro uomo.
E ora non allontanarti soldato, resta con me a guardare quelle membra svuotate alle quali avete creduto di rapinare la vita senza accorgervi che il suo dono vi aveva anticipato. Guarda insieme a me di che qualità è l’amore di questo Dio mite e umile.
Leva gli occhi al Crocifisso svuotato di vita, di umanità, di divinità e innamorati con me.
Guarda quel vuoto a perdere. Lo vedi? Quello è il mio Dio. Ridotto a uno scarto, un resto inutile e di nessun valore.
E’ anche il tuo e quello di ogni uomo per il quale Lui ha voluto svuotarsi.
Ascolta ancora le sue parole che proclamano il compimento e comprendi l’ossimoro di un’esistenza che ha trovato pienezza nello svuotarsi.
Tieni ancora quella lancia, soldato. Tienila stretta come una reliquia, come il testimone dell’amore di Dio e portala con te al sepolcro.
Vedrai quel vuoto senza misura che hai toccato con mano e scavato in profondità, riempirsi di una vita senza limiti e senza confini.
Mentre riprende moda un certo cristianesimo consolatorio ed emotivo – ammesso che di questo si trattti – ci fa bene ricordare che la strada del Vangelo di Cristo porta sotto la Croce.
Lì si contempla un Dio che svuota se stesso per farsi dono all’uomo e non si spaventa di chi arriva a frugargli nelle tasche.
Lì si ascolta l’invito a lasciarsi amare come essenza dell’essere discepoli e si riceve, allo stesso tempo, la chiamata a far di sè – a immagine del Maestro – un «vuoto a perdere», donando ogni cosa, fino alla fine.
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don Erminio