Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa
23 luglio 2023
VIII DOMENICA DOPO PENTECOSTE (A)
VANGELO Mt 4, 18-22
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Mentre camminava lungo il mare di Galilea, il Signore Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
1. Il nostro è un Dio che chiama
Chiama Abramo perché lasci la sua terra e si metta in cammino,
chiama Mosè mentre pascola il gregge,
chiama Geremia prima ancora che esca dal grembo di sua madre,
chiama Giona vincendo la sua resistenza,
chiama Amos mentre segue l’armento,
chiama Maria di Nazareth turbata e perplessa all’annuncio di Gabriele …
Il nostro Dio chiama e i testi di oggi sono racconti di chiamata: Samuele e i primi quattro apostoli.
Fin dalla prima pagina della Scrittura sacra Dio chiama: con la sua parola chiama all’esistenza le cose che non sono, chiama le stelle per nome ed esse rispondono.
Ma soprattutto chiama uomini e donne perché ascoltino e accolgano la sua parola. Se Dio è voce che chiama, allora l’uomo e la donna sono orecchio che ascolta.
La prima caratteristica dell’esperienza religiosa è quindi voce che suscita l’ascolto. Anche la relazione tra il pastore e il suo gregge è nel segno di una voce che chiama per nome e desta l’ascolto.
Di fronte a Dio non siamo esseri inerti o passivi, siamo una libertà chiamata all’ascolto.
2. Le nostre possibili risposte
Può accadere che la chiamata resti senza risposta, cada nel vuoto. E’ accaduto anche a Gesù: chiamare e non esser ascoltato (Mc 10,17ss.).
L’evangelista non tace la tristezza che accompagna nel giovane ricco il rifiuto, non conosciamo invece la reazione di Gesù di fronte al fallimento della sua chiamata.
Il termine vocazione è, nell’uso corrente, riservato ad alcune persone che sarebbero raggiunte da un appello singolare, originale, in vista di uno stile di vita del tutto particolare.
Siamo soliti dire che hanno la vocazione uomini e donne dedicati alla vita sacerdotale o religiosa. Non parliamo di vocazione per la scelta coniugale e familiare.
Dobbiamo, invece, ricuperare l’ampiezza di questo termine: per ogni essere umano è la chiamata, la vocazione, perché nessuno è nel mondo per caso o per sbaglio.
Solo riscoprendo l’esistenza, ogni esistenza, come vocazione possiamo vincere quella terribile parole di Shakespeare nel Machbeth: “La vita umana?
Una storia piena di fragore e di furia raccontata da un idiota e che non vuol dire niente“.
3. Tutta la vita è vocazione
L’insensatezza che talvolta corrode i nostri giorni può esser vinta e trovare senso riscoprendo la vita come vocazione, ovvero come disegno, progetto.
E questo vale per ogni uomo/donna che scopra nella trama talora intricata dei suoi giorni un senso. Per questo è grave la condizione attuale di tanti, troppi giovani il cui futuro è incerto e precario.
Difficile riconoscere un senso alla propria esistenza quando mancano le condizioni indispensabili perché si possa costruire, con un lavoro dignitoso, il proprio futuro.
Due i piccoli dettagli significativi.
Il primo: la vocazione non ha un luogo altro, diverso rispetto ai luoghi del vivere quotidiano. Lo scenario della vocazione non è necessariamente il Tempio o il silenzio della preghiera. La Voce ci raggiunge là dove viviamo, dove lavoriamo, nella nostra quotidianità.
E il secondo dettaglio: la risposta è immediata, senza indugi: così come sono, i quattro pescatori vanno dietro al Maestro, perché affascinati da lui!.
—
don Erminio