Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa
22 settembre 2024
IV DOMENICA DOPO IL MARTIRIO (B)
VANGELO Gv 6, 41-51
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. I Giudei si misero a mormorare contro il Signore Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
- La qualità diversa del Pane che è Cristo
L’immagine che s’impone alla nostra attenzione nelle tre letture di oggi è il pane. Esso è simbolo non solo del nutrimento umano, ma anche del suo lavoro, delle usanze culturali della sua terra. Si moltiplicano i modi per cucinare il pane nel nostro Paese.
La Scrittura però sottolinea una dimensione ineluttabile di questo elemento simbolo della nutrizione: il pane fatto dall’uomo diventa raffermo. Fuor di metafora potremmo dire: per quanto una persona sia ben nutrita, non può evitare l’aridità della morte biologica.
La proposta divina è quella di un pane, che è la vita di Cristo, che sostenga la vita e la renda eterna, in particolare nei momenti di scoraggiamento e abbattimento come accade ad Elia, che dopo aver profetizzato sventura al re idolatra di Israele, deve fuggire per avere salva la propria vita.
- Mangiare e bere il corpo e sangue di Gesù
La seconda lettura sottolinea che questo dono di Cristo avviene mentre veniva tradito. Gesù intuisce la fragilità dell’uomo, la fatica nell’essere fedele che lo abita, l’avidità di beni e di vita che lo divorano, ma non si ferma davanti a questo.
Solo propone una condivisione radicale: mangiare e bere sono due elementi esistenziali fondamentali per l’uomo. La domanda è che cosa noi vogliamo mangiare e bere.
Mangiare e bere il corpo e sangue di Gesù significa condividere la sua vita, immettersi in lui, vivere nella forma del dono di sé, lottando contro ogni ingiustizia, favorendo chi è più disagiato, arricchendo la nostra vita di opere buone.
Gesù ci chiede di perseverare in questo, in lui, nella sua Parola. E’ la perseveranza nell’attesa del suo ritorno che caratterizza il cristiano, impegnato a far si che non manchi a nessuno il “pane quotidiano”, con tutta la sua vasta simbolica: cibo, casa, lavoro, affetti, ma avendo ben presente la meta futura. Il Vangelo parla di un “cibo che non perisce”:
Gesù stesso, una relazione piena con lui nella comunione dei santi. Allora sarà festa, gioia piena.
- Il nutrimento per la vita
C’è un tratto di singolare tenerezza nella volontà di Dio nostro padre di provvederci non solo del pane quotidiano che ci sostenta, ma anche di questo pane che discende dal cielo e di cui abbiamo bisogno per non venir meno lungo la strada della vita.
Questo pane, infatti, non è cosa, oggetto: questo pane è la presenza stessa del Signore Gesù. Grazie a questo pane ci è data, nel cammino della vita, la presenza, la compagnia del Signore Gesù.
Che questo pane non sia pane, ma sia la viva presenza di qualcuno è parola stupenda ma sconvolgente: la nostra intelligenza esita, forse anzi rifiuta.
Come i contemporanei di Gesù che mormoravano: questo Gesù, figlio di Giuseppe, il falegname di Nazareth noi lo conosciamo bene, come può pretendere d’esser disceso dal cielo?.
Ancora una volta sembra impossibile che in un uomo, un uomo qualunque di una povera famiglia qualunque, Dio stesso si manifesti, si riveli, si comunichi a noi irrevocabilmente.
Peggio: che quest’uomo doni se stesso come pane, nutrimento per la fatica del vivere. Sappiamo che Gesù il segno lo darà: il dono di se stesso sulla croce, ma anche quello non sarà compreso da tutti. Adesso però si limita a dire: io sono il pane della vita.
Nonostante tutto Gesù continua a proporre il dono di Dio, con umiltà e perseveranza. Se anche noi, invece di crederci piccoli padri eterni, ci guardassimo dentro e vedessimo la nostra fragilità nell’amore, supplicheremmo Gesù di darci questo suo pane.
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don Erminio