PARROCCHIA DI RESCALDINA

IL VANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

6 ottobre 2024

VI DOMENICA DOPO IL MARTIRIO (B)

VANGELO Mt 20, 1-16
Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

  1. Dio fonte di unità e di speranza

Nella prima lettura (Is 45,20-24) Isaia invita il popolo che ritorna dall’esilio babilonese (538 a.C.) a radunarsi, stare insieme nella fede nel Dio giusto e salvatore. Egli è la fonte dell’unità e la speranza del suo popolo.

Questo invito vale anche per noi in questi “giorni cattivi” (cfr Ef 4), in cui molti danno una lettura intramondana del proprio destino: mantenersi in salute, perché non c’è alcuna salvezza oltre la morte.

Non che l’attenzione ad una vita in salute non meriti le nostre attenzioni, ma la caducità dell’uomo la dimensione effimera, passeggera della sua vita, certamente non fanno della salute l’elemento risolutivo.

Ecco perché anche noi, come comunità cristiana dobbiamo cogliere tutte le occasioni che ci vengono offerte per essere uniti, per formare, celebrare, testimoniare la nostra fede, pena il perderla o ridurla ad una vaga forma di spiritualità.

Diceva lo scrittore inglese Chesterton che “chi non crede in Dio, non è vero che non crede in niente, finirà per credere a tutto”.

  1. Il Signore chiama tutti, a tutte le ore

Il Vangelo ci pone di fronte la parabola “dell’undicesima ora” (le cinque del pomeriggio – Mt 20,1-16). In Palestina il lavoro era di dodici ore dall’alba al tramonto. Il Padrone della vigna (Dio) fa cinque chiamate in orari diversi, promettendo ai primi la paga di un denaro e il giusto agli ultimi chiamati.

La paga è il Regno dei cieli. Tutti possono accedervi nei vari momenti della loro esistenza. Molti hanno perduto la fede lungo il cammino della vita, nessuno li ha aiutati a ritrovarne le motivazioni (“non ci ha chiamati nessuno”), ora tardivamente incontrano Dio e lo seguono con lo stesso zelo dei primi.

Il Signore chiama a tutte le ore tutti, nessuno escluso, il criterio divino non è quello della giustizia salariale retributiva, ma la misericordia, l’accoglienza di un cuore contrito, di vite spezzate, di fedi perdute, che ora vedono la luce della grazia di Dio.

  1. Il premio della vita è Cristo

Il messaggio da raccogliere è questo: rinunciare ad essere grandi per diventare piccoli, accettare che l’ultimo riceva quanto il primo. Il Regno è un dono gratuito, una grazia da accogliere.

Spontaneamente siamo tentati anche noi di mormorare contro il Signore della vigna, perché il suo modo di agire mette a soqquadro i nostri criteri di valutazione, di retribuzione equa, di giustizia sociale, di merito.

Ma trasferendo le nostre misure sul piano della salvezza, noi poniamo il problema in modo sbagliato: essere ingaggiati nella vigna del Signore, essere chiamati al Regno è una grazia, un onore, una gioia, una fortuna.

E se Dio chiama tutti e a tutte le ore e accorda il medesimo dono straordinario e gratuito che è la salvezza, ciò deve farci straordinariamente felici, anche perché, erroneamente, tutti riteniamo di essere operai della prima ora che reclamano la salvezza come un diritto, mentre in realtà ci viene concessa come dono.

Dio si riserva la libertà dalla scelta per grazia, che abbatte la presunzione umana. A imitazione di Dio, i “primi” sono invitati a guardare agli “ultimi” con bontà e non con cuore cattivo.

L’amore di Dio raggiunge tutti gli uomini e non fa differenze. Il salario è sempre lo stesso e non può essere diviso perché il premio della vita è Gesù Cristo.

don Erminio

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