Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa
27 ottobre 2024
I DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE DEL DUOMO (B)
VANGELO Mc 16, 14b-20
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco
In quel tempo. Il Signore Gesù apparve agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
- Una Chiesa “apostolica”
Nel credo professiamo la nostre fede nella chiesa una, santa, cattolica e apostolica.
Quest’ultimo termine significa almeno due cose: fondata sulla testimonianza degli apostoli, ma anche inviata ad annunciare il Vangelo, come il termine greco apostolo indica.
La missionarietà è una delle caratteristiche di tutti noi battezzati e cresimati, cioè unti con il crisma, parola che ha la stessa radice di Cristo, che significa unto, inviato. A chi siamo inviati?
- I “segni” che accompagnano la missione
Il Vangelo di Marco dice “a ogni creatura” e parla di segni che accompagnano noi missionari per costituzione battesimale:
capacità di scacciare i demoni. Questo indica una lotta serrata contro il male in tutte le sue forme, soprattutto il peccato, radice maligna che si annida nel profondo del cuore dell’uomo e diventa vizio (disposizione stabile al male);
parlare lingue nuove: in un mondo di comunicazione distorta, disamore per la verità, il cristiano brilla per una comunicazione franca, per parole pulite, incoraggianti e non devastanti e maldicenti;
i serpenti e il veleno ingerito non sono mortiferi: qui si allude alla capacità di non lasciarsi avvelenare l’animo dalla cattiveria e dalla rabbia che albergano in molti, dalle sottili allusioni, dai dubbi e sospetti inoculati sapientemente per rovinare le relazioni;
imporre le mani ai malati e guarirli: è l’antico gesto di invocazione allo Spirito Santo, quello dell’imporre le mani. Farlo sui malati è stare dalla loro parte sino alla fine, invocando lo Spirito di fortezza, affinché siano guariti dalla tortura della solitudine, dell’isolamento che assale chi è infermo o vicino alla morte.
- La salvezza è offerta a tutti
La persona inguaribile non è mai incurabile. La morte biologica prenderà tutti, solo l’amore dato e ricevuto in questo momento così particolare la può vincere, perché il Signore, come recita la seconda lettura di Paolo a Timoteo, “vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità”: in Cristo la morte è un passaggio non un muro invalicabile.
A volte la missione può apparirci arida, come la strada deserta tra Gerusalemme e Gaza di cui parla Luca nella prima lettura. Sembra che la fede in Cristo non interessi più nessuno, che la Chiesa sia un fenomeno marginale tra tanti.
- Un evangelizzatore in viaggio
Eppure se il nostro cuore è disponibile, il Signore ci offre occasioni inedite, incontri particolari, che possono cambiare la vita di molti. Così accadde al diacono Filippo, giovane brillante che aveva evangelizzato luoghi affollati, genti diverse. Perché mandarlo su una strada deserta?
Perché lì passava qualcuno che cercava di capire il senso di un passo della Scrittura e nessuno glielo spiegava.
Filippo non è un sacerdote, è un laico, appassionato del Vangelo e così converte un ministro, che tornato in patria porta con sé la fede in Cristo risorto.
Al lavoro, con gli amici, i parenti, in diverse occasioni, anche noi siamo portati dallo Spirito in luoghi e incontri all’apparenza desertici, dove in realtà una nostra parola può fare molto per la diffusione del Vangelo.
Certo, la condizione previa è che lo conosciamo e pratichiamo noi, non relegando l’annuncio agli ‘specialisti’: presbiteri e religiose.
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don Erminio