Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa
1 dicembre 2024
III DI AVVENTO (C)
Luca 7,18-28
VANGELO Lc 7, 18-28
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui».
- Avvento: annuncio di liberazione
Il brano di Isaia narra di Ciro il grande, re di Persia, che ormai sconfitto, nel 538 a.C. con un editto rimanda a casa gli ebrei deportati da Nabucodonosor di Babilonia nel 587 a.C. Il profeta lo vede come strumento di Dio, lui, uno straniero che non conosce Dio. Egli infatti apre la strada ad una nuova vita per Israele.
Ciro diventa così un po’ come Giovanni il Battista: un precursore che annuncia un intervento di Dio stesso a favore del suo popolo. Mentre qui si tratta di un rilancio di un’alleanza con Dio a cui Israele non resterà fedele, là si annuncia l’intervento definitivo di Dio in Cristo.
- I ‘segni’ del Regno che viene
Siamo nel Vangelo secondo Luca. Giovanni il Battista è in carcere e invia da Gesù due discepoli autorizzati come prevedeva il diritto giudaico. Egli attendeva la venuta di uno “più forte di lui”, che facesse pulizia in Israele con lo spirito e il fuoco, per bruciare la paglia e raccogliere il grano;
invece di Gesù si dice che va incontro ai deboli, cura i malati, cerca gli esclusi, perdona e accoglie i peccatori pentiti. Dov’è l’intervento decisivo di Dio? Dov’è il cambiamento? La storia e le vicende umane continuano come prima.
La risposta di Gesù non sta unicamente nell’elenco dei miracoli di cui gli inviati sono testimoni diretti, ma nell’ultima frase che Gesù pronuncia: “I poveri ricevono la buona notizia”.
Questo stile della presenza di Dio in Cristo è deludente per le attese di ieri e di oggi di molti, che vorrebbero ben altro intervento di Dio: sradicare ogni forma di male, far scomparire i malvagi.
Dio invece ci indica la via per farlo, il percorso che la nostra libertà, le nostre scelte devono compiere se davvero vogliamo cambiare il mondo: praticare la giustizia e ripartire dagli ultimi con forme di prossimità reale.
Seguono tre domande pressanti sulla figura del Battista. Gesù risponde che Giovanni non è un pavido adulatore, un cortigiano piegato, per interesse, al volere dei potenti, non è né corrotto né corruttibile.
Non è un voltagabbana (“canna sbattuta dal vento”), bensì un vero profeta, l’ultimo dei grandi profeti dell’Antico Testamento. Nonostante questo, chi accoglie il Regno di Dio – che in Gesù si manifesta – è più grande di lui, perché ha trovato il tesoro della vita, il suo senso ultimo, la speranza contro ogni speranza.
Anche a noi oggi vengono molti dubbi, non è un problema. La via è indicata, la verità del cristianesimo brilla laddove noi abbiamo il coraggio di una testimonianza aperta del Regno che è tra noi, a partire da un reale servizio alle fragilità che incontriamo, non avendo timore nel dire che noi operiamo non per semplice filantropia, bensì nel nome di Cristo.
Chi è concentrato solo su se stesso, chi opera il bene “quando posso”, non comprenderà mai fino in fondo la potenza salvifica della narrazione cristiana.
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don Erminio