IL VANGELO DELLA DOMENICA

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

16 febbraio 2025

VI DOPO L’EPIFANIA (C)

VANGELO Lc 17, 11-19
Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Lungo il cammino verso Gerusalemme, il Signore Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

  1. Una sequenza di grazia in quattro tempi

Luca ci presenta un miracolo compiuto per i lebbrosi. In questo passo gli infermi si trasformano in un segno degli uomini che ricevono la grazia salvatrice di Dio che li trasforma. Ecco quattro scene.

Il punto di partenza è la supplica. Da se stessi, gli infermi possono solo gridare per chiedere aiuto. Così fanno tutti gli uomini che scoprono le loro necessità e vanno in cerca di soccorso.

Segue il miracolo. Gesù li manda dal sacerdote, perché ci sia una testimonianza ufficialedella loro guarigione. Mentre gli uomini camminano i loro destini si separano. Nove di essi, i giudei, accettano come dovuto il prodigio e continuano il viaggio verso il sacerdote. Sono guariti e sono tornati ad essere quelli di prima.

Soltanto uno torna e ringrazia: sa di essere stato trasformato interiormente e torna da Gesù per mettersi al suo servizio. E’ l’unico che ha apprezzato il dono ricevuto, ma il vero dono è aver capito che Gesù è il dono che supera tutti i doni. La riconoscenza è difficile, ma necessaria.

Soltanto Gesù ci porta sul piano della salvezza totale. La guarigione fisica è certamente una salvezza, ma non è tutto. La salvezza definitiva esige una trasformazione riconoscente. Il samaritano riceverà da Gesù il sigillo della sua nuova condizione: và, la tua fede ti ha salvato. Quello che era cominciato come una guarigione fisica diviene una salvezza definitiva.

 

  1. Gratitudine, virtù rara, ma preziosa

Chi si lamenta della maleducazione del giorno d’oggi è servito. Anche ai tempi di Gesù quelli che dicevano grazie erano uno su dieci. Non è solo un fatto di buona educazione. Essere riconoscenti significa capire che si vive di relazioni, di doni ricevuti e dati. Solo chi entra in questa dinamica fiorisce nell’umanità e nella fraternità.

Significa scoprire che la vera sorgente di ogni dono è Dio, il quale non è nostro concorrente, ma è fontana zampillante di amore che vuole dissetarci, guarirci ed è pronto a darci se stesso.

Il confronto con la mentalità di oggi è desolante. Molte pretese nei rapporti personali, senza alcuna disponibilità a mettersi in discussione, pretendere tutto come dovuto, senza ringraziare mai

Ma la guarigione dalla malattia è solo un aspetto dei doni di Gesù. Chi riconosce questo Dio e lo ringrazia sa di non essere solo e di poter contare su ciò che è necessario, lo Spirito di Dio che vive in noi. La differenza, tra i nove non tornati e l’unico che va da Gesù, sono altre…

Per i nove inizia una vita nuova, perché non sono più emarginati dalla società e possono tornare in famiglia, al lavoro ed essere riammessi alla sinagoga. Ma non sono rinati nel loro intimo, non hanno compreso di vivere di un dono.

Perciò, la vera vita nuova – del credente – che si riconosce amato da Dio, è sinonimo di fede, di riconoscenza, di desiderio di appartenere a Gesù, ed è questa appartenenza che costituisce la salvezza e non la liberazione da una malattia.

Anche oggi gli uomini sbagliano a comprendere che cosa sia importante; si chiedono a Dio le grazie (salute, lavoro, ecc.) e non gli chiediamo di appartenergli e di somigliargli.

 

  1. Tra salute e salvezza

Resta amareggiato Gesù, perché anziché cogliere la profondità del suo gesto, nove guariti vanno dai sacerdoti per la pur legittima riabilitazione sociale. Uno straniero invece vuole andare a fondo. Chi è costui che mi ha guarito? Qual è il suo mistero? In ogni caso è qualcuno che ha fatto qualcosa per me, mentre gli altri mi hanno escluso: samaritano e lebbroso. Il massimo della maledizione.

Ed eccoci ancora al solito binomio salute e salvezza. Gesù dona ad alcuni la salute, affinché comprendano che può fare per loro, per noi molto di più: donarci la salvezza.

Unica condizione è la fede in lui. Nella nostra società, dove la struttura fiduciale nelle relazioni è distrutta dai raggiri furbeschi di molti, non è semplice mantenere quella in Dio. Eppure lui è lapidario: “chi persevererà sino alla fine, sarà salvato”.

Questo è un dono da implorare nella preghiera: Signore aumenta la mia fede, aiutami a perseverare sino alla fine e fammi diventare una roccia su cui i ‘piccoli’ nella fede possano trovare sostegno.

don Erminio

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