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Il Vangelo della Domenica

Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa

III DOMENICA DI AVVENTO (B)

 29 novembre 2020

VANGELO Gv 5, 33-39
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità.

Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me».

  1. Scrutare le Scritture, con amore

Un uomo che scrutava le Scritture, credendo di trovare in esse la vita, crocifigge con chiodi di ferro le pagine su cui aveva così amorosamente fissato gli occhi: è la scena madre del bel film di Olmi: “Cento chiodi”, quando il protagonista lascia i libri e va a cercare la verità della vita tra la povera gente, lungo le rive del Po, presso chi sa ancora gustare pane e vino e festa.

Quella scena è la traduzione delle parole del vangelo: “Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna”, ma vi illudete. Si può leggere il Vangelo e non capirlo. Si può non capire niente del Vangelo, se non hai in cuore, come Gesù, la passione di Dio per l’uomo, per ogni uomo e ogni donna.

Se non hai amore, scruti invano le Scritture perché esse parlano dell’amore di Dio per gli uomini. E’ detta per me/noi questa parola: tu scruti il Vangelo pensando di avere la vita eterna e ti illudi. Perché un codice non trasmette la vita: un uomo sì. In un libro non c’è la vita: in un uomo sì. Un libro non può essere inchiodato sulla Croce, un uomo sì. E infatti il Vangelo non è la Croce, è il racconto della Croce di Cristo.

  1. Rimanere nella Parola di vita

La Scrittura santa sta davanti a noi come una soglia da varcare, una mediazione. Essa è vita nella misura in cui è comunione con Colui che parla. Se io resto alla Parola, in qualche modo la prendo, cioè la analizzo come fa uno scienziato con un fiore, un atomo, un insetto. Se invece vado a Colui che parla, allora sono io ad essere preso dalla Parola, come un poeta o un amante, come un figlio è preso davanti a.madre.

Sono preso da Cristo. Conquistato, corro per conquistarlo. Per diventare – come dice Paolo con una bellissima espressione – “il profumo di Cristo” che è odore di vita per la vita (2 Cor 2,16). Chi legge il vangelo non può sfuggire all’incantamento per il sapore di vita che emana dalle opere di Gesù: guarisce, risana, libera, inchioda a terra il codice della legge, fa ripartire, è vivificante, mai mortificante. Aprire il vangelo è mettere la mia bocca sotto la sorgente, attaccarla alla fontana.

  1. I cristiani sono‘il profumo di Cristo’

Il profumo è una cosa minima, non salva nessuno, ma nella sua piccolezza conforta tutti. È un tocco di benessere, memoria di una persona, che rimane anche quando questa se ne è andata. E’ inutile alla vita intesa come quantità, ma è utile alla qualità della vita. E’ un messaggio scritto nella materia più labile, l’aria, ma sa rendere più bella e amabile la vita. Il profumo (che dà un senso di benessere alla vita) è fatto di amore-libertà-coraggio: infatti non c’è amore senza libertà, come non c’è libertà senza coraggio.

Amore – libertà – coraggio sono la casa dell’uomo nuovo, la terra di Dio, il profumo di Cristo. Gesù dice: voi non avete mai ascoltato la voce del Padre, non avete mai visto il suo volto e la sua parola non rimane in voi. Come dire: la sua parola non rimane, perché risuona e se ne va, la leggete e subito svanisce. E’ un rischio che corriamo tutti: abbiamo letto per tanti anni il vangelo, e che cosa è rimasto in noi? Forse appena un desiderio… un sapore… però buono!

Come dare persistenza in noi alla parola? Gesù risponde: la parola non rimane, infatti non credete a colui che Dio ha mandato. Per credere occorre avere Dio come riferimento ultimo della vita.

Diceva il Card. Martini: la parola che leggo mantiene Dio in me, come riferimento ultimo, e Dio salva la sua parola dentro di me, come rimbalzo verso l’ultimo. È l’essenza del cristianesimo. Da qui sgorgheranno naturalmente opere che hanno il profumo della vita! La più bella Parola di Dio è la nostra vita; parola che ha pronunciato un giorno, con amore, e che non ripeterà più. Ognuno di noi è una bella Parola di Dio. Allora da ogni uomo saremo rimbalzati all’eterno.

don Erminio

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