Riflessione a Cura di Mons. Erminio Villa
SANTA TRINITA’ (B)
30 maggio 2021
VANGELO Gv 15, 24-27
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. Ma questo, perché si compisse la parola che sta scritta nella loro Legge: “Mi hanno odiato senza ragione”.
Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio».
- Dio, la Trinità, è… come un abbraccio
Sulla teologia della Trinità il vangelo non offre teorie, ma racconta la missione di Gesù agli apostoli. Tra i quali però alcuni ancora dubitavano. Ma lui non li rimprovera, non li riprende; solo, letteralmente, si fa vicino. Ancora non è stanco di avvicinarsi, di farsi incontro. E affida loro, nonostante le incertezze, il Vangelo. I nostri dubbi non arrestano il progetto di Dio.
Forse la più bella definizione di Dio è nella scena del film di Kieslowski, come una parabola. Un bambino, orfano di madre, gioca al computer. Poi si ferma, si gira, e domanda alla zia che è lì accanto: – Zia, com’è Dio? La zia lo guarda, si avvicina, lo abbraccia, se lo tiene stretto stretto e poi gli domanda: – Come ti senti adesso? – Bene – Ecco, Dio è così.
E’ un dogma difficile da capire, eppure è liberante. Assicura che in Dio c’è incontro, superamento di sé, movimento d’amore. Del resto ogni uomo è… movimento d’amore. Trinità vuol dire che Dio non è in se stesso solitudine, la sua vita è un movimento di comunione. La relazione, il legame d’amore, la comunione è il segreto dell’essenza di Dio.
Gesù ha preferito usare i nomi di “Padre e Figlio”: nomi che dicono affetto, nomi che abbracciano. “Spirito” è nome che dice respiro, alito, vento: la mia vita respira quando si sa abbracciata, accolta.
- La Trinità rivela la sapienza del vivere
In principio a tutto ciò che esiste c’è un legame d’amore. Dio è al di qua, non al di là dell’esistenza. Al termine di una giornata puoi anche non aver mai pensato a Dio, mai pronunciato il suo nome, ma se hai amato, se ti sei lasciato amare, se hai sorriso a qualcuno procurandogli un po’ di gioia, se hai dato un aiuto disinteressato, senza saperlo hai fatto una professione di fede nella Trinità. Il vero ateo è chi non sa avere legami. Chi non lavora a creare comunione, riconciliazione, relazioni di accoglienza, di conforto, di dono, di gratitudine.
Dice S.Giovanni: “Noi cristiani abbiamo creduto all’amore”. Non so se ci abbiamo mai pensato, ma se ci chiedono: “tu cristiano a cosa credi?”, ci viene da dire: “Credo in Dio, in Gesù Cristo, nella Trinità, anche la Chiesa”, Giovanni dice: “Credo all’amore!”. Questo è capitale perché credere all’amore lo può fare anche il non credente, anche un ateo, perché l’esperienza dell’amore è una esperienza universale che l’uomo è capace di fare in tutte le culture, le vie religiose, o senza le vie religiose.
Ciò che noi dovremmo cercare di far capire, anche ai non credenti e alle nuove generazioni: “ciò che è importante è credere all’amore. E’ l’essenza della Trinità.
- Noi siamo fatti a immagine della Trinità
L’uomo non è creato semplicemente a immagine di Dio: ma molto di più, a immagine della Trinità: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” vuol dire che siamo fatti ad immagine plurale, a somiglianza della comunione. Allora si capisce perché la solitudine pesa tanto e fa paura: è contro la mia natura. E si capisce perché quando sono con chi mi vuole bene, quando accolgo e sono accolto sto così bene: perché realizzo la mia vocazione divina. Ciò significa che fede e realtà coincidono, verità ed esistenza coincidono. E questo fa esultare.
La festa della Trinità, allora, è la memoria della mia radice prima, la festa del mio destino, lo specchio della mia struttura profonda, il segreto della vita riuscita e felice. Davanti alla Trinità, incamminato verso una mèta, e senza un termine, io mi sento piccolo e tuttavia abbracciato dal mistero. Piccolo ma abitato da un mistero, abbracciato come un bambino.
Dio è con Israele ma non è ebreo, è con le Chiese ma non è solo cristiano, è il Dio dell’universo, seme di eternità dentro i nostri giorni, anima di comunione nelle nostre solitudini. Così viviamo, nella ricchezza delle diversità e nella forza della comunione, incamminati verso la nostra vocazione: verso un Padre che è la fonte, verso un Figlio che mi innamora, verso uno Spirito che accende di comunione tutte le nostre solitudini.
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don Erminio